Ha ammesso le sue responsabilità, inchiodato dalle impronte digitali trovate sui sacchi di cocaina e da una traccia di sangue il tanzaniano trentenne arrestato nei giorni scorsi dalla squadra mobile di Genova nell’ambito dell’indagine coordinata dalla direzione distrettuale antimafia dopo il sequestro di alcune settimane fa di 300 chilogrammi di cocaina a bordo della Dimitris C al largo del porto di Genova. Sul suo telefono anche alcuni messaggi cancellati che saranno recuperati per capire chi è l’organizzazione che gli aveva consegnato il carico.
L’arresto dell’uomo è stato convalidato questa mattina dal gip dopo l’interrogatorio di garanzia a cui ha partecipato anche il sostituto procuratore Marco Zocco. Il tanzaniano era rimasto a Genova insieme ad altri quattro membri dell’equipaggio (gli altri 23 erano regolarmente partiti insieme alla nave un paio di settimane fa) bloccati grazie a un escamotage amministrativo in attesa dell’esito delle indagini scientifiche svolte dalla polizia genovese.
Nella convalida il tanzaniano, che ha ammesso di essere stato il custode della droga dietro la promessa di denaro, avrebbe fornito alcuni elementi utili all’indagine ma sui dettagli gli inquirenti mantengono il più stretto riserbo. L’obiettivo è arrivare alla complessa organizzazione criminale in grado di movimentare un traffico così ingente.
Questa mattina l’operazione che ha portato all’arresto è stata presentata in una conferenza stampa a cui hanno partecipato il procuratore capo Francesco Cozzi, il dirigente della Dcsa Cristiano Leggeri, il capo della squadra mobile genovese Marco Calì.
“Un risultato quello dell’arresto – ha spiegato Cozzi – a cui si è arrivati grazie a mix tra intuito investigativo e analisi scientifiche”. Infatti grazie ad alcuni elementi preliminari “di concerto continuo con il sostituto procuratore Marco Zocco – ha spiegato Calì – siamo riusciti a isolare un gruppo di soggetti che potevano essere di interesse investigativo, consentendo nel contempo di far ripartite la nave al termine dei rilievi”.
A chi erano destinati i 23 sacchi di cocaina? “In parte al mercato spagnolo ma forse in parte anche a quello italiano” dicono gli investigatori senza entrare troppo nei dettagli “di un’indagine che è appena cominciata”.
Come ha spiegato il dirigente del dipartimento centrale servizi antidroga Cristiano Leggeri: “Genova dopo Gioia Tauro è attenzionato come uno dei maggiori porti italiani attraverso i quali passa il traffico di stupefacenti”. La Dimitris C che aveva fatto rotta tra Peru, Cile, Ecuador, Panama, Spagna e Italia (prima di Genova aveva fatto scalo a Salerno e Livorno), a a ottobre aveva già subito un sequestro di stupefacenti in Perù.
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