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Anche il nostro Istituto Superiore di Sanità, i livelli di esposizione sono molto inferiori ai limiti di esposizione raccomandati a livello internazionale e a quelli in vigore in Italia che sono al 50%. Terzo, il segnale emesso da un router Wi-Fi o da una scheda wireless installata in un personal computer è tipicamente dell’ordine dei 100 milliwatt, ben al di sotto della soglia considerabile come potenzialmente pericolosa.
A chiarire meglio ci sono le leggi della fisica: le onde radio seguono la legge dell’inverso del quadrato. Ovverosia, ogni volta che si raddoppia la distanza dalla fonte emissiva, si riceve solamente un quarto dell’energia “prodotta”. Ciò significa che se “vicino” al router Wi-Fi l’assorbimento è di 0,1 Watt (che già non fa male), a distanza di due metri si assorbiranno appena 0,025 Watt e così via. Alle normale distanze “operative”, quindi, l’intensità del segnale Wi-Fi è talmente bassa da non esser fonte di alcuna preoccupazione.
Il segnale Wi-Fi viene insomma a far parte di quel normale inquinamento elettromagnetico di fondo che è generato, ad esempio, dai segnali radio e TV. E c’è di più: la lunghezza d’onda dei segnali Wi-Fi (pari a 12 cm) è la stessa che caratterizza la radiazione cosmica di fondo.
Per fare un paragone, un cellulare (e chi non ha un cellulare in tasca, minori esclusi?) con una potenza tipica di 1 W crea un campo di circa 6 V/m a un metro di distanza e di 60 V/m a 10 cm., mentre un router Wi-Fi a 1 metro di distanza crea un campo di circa 0,20 - 0,51 V/m, molto al di sotto del limite stabilito dall’Italia che è 40 V/m. I rilievi sono stati fatti diverse volte da molte Agenzie di protezione ambientale nazionali.
Infine, le radiazioni utilizzate non sono ionizzanti: ciò significa che la lunghezza d’onda è inferiore a quella della luce (spettro ottico, visibile) ed, in questi casi, non vi sono rischi di alterazione delle molecole. Un’analoga osservazione può essere quindi fatta non soltanto per le microonde (caso del Wi-Fi) ma anche per l’infrarosso e le onde radio. Si parla di radiazioni ionizzanti quando portano l’energia capace di modificare atomi o molecole. Paradossalmente, i raggi del sole (ultravioletti, UV) sono più pericolosi, in mancanza di protezione.
A preoccupare se mai potrebbero essere gli stessi telefoni cellulari che hanno potenza molto maggiore e vengono mantenuti per lungo tempo a contatto con la testa e quindi al cervello. Secondo alcune stime, una chiamata al cellulare di 20 minuti porta le stesse radiazioni dell’esposizione di un anno a una rete Wi-Fi. E anche in questo caso, finora, non esistono raccomandazioni specifiche dell’Oms o delle istituzioni sanitarie internazionali per contenere l’esposizione all’uso dei cellulari.
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