Ascoltando la gente parlare di eventi che avvengono in mare, anche se, in questo caso, proprio sotto le finestre delle case dei genovesi, mi rendo conto di quanto sia sconosciuta la professione del pilota portuale.
La colpa è soprattutto nostra: diamo per scontato che chi ci guarda dalla finestra capisca cosa c’è dietro al movimento di una nave all’interno di un porto.Per spiegarlo voglio raccontare l’ultima “avventura” accaduta sulle banchine del nostro porto dal “ponte di comando”.
Il telefono è squillato intorno alle 23:00 mercoledì sera. Una voce ferma e decisa mi ha avvisato che la nave Cosco Africa, lunga 349 metri e di 114.000 tonnellate di stazza lorda ormeggiata nel porto di Pra’, stava strappando i cavi che la tenevano ormeggiata in banchina a causa del forte vento di tramontana. Dall’altra parte del telefono c’era Angelo Simi De Burgis, il collega in servizio nella zona di ponente. Un minuto di telefonata mi ha permesso di capire la gravità della situazione.
Il tempo trascorso in macchina per raggiungere la pilotina a Multedo, è servito a raccogliere tutte le informazioni possibili, ascoltando la sala operativa dell’Autorità marittima, la nostra sede operativa e quella dei rimorchiatori. Angelo era salito sulla nave e cercava di gestire la situazione: la nave aveva strappato tutti i cavi che la tenevano ormeggiata e, in quel momento, due ancore e tre rimorchiatori a spingere agguantavano la Cosco Africa a circa 70 metri dalla Costa Concordia. Nel frattempo gli ormeggiatori ci avvisavano che anche la nave Msc Vienna si stava allargando dalla banchina rischiando di strappare i cavi. . Una volta raggiunto il ponte di comando dispongo per filare due lunghezze in acqua per essere pronti sulle ancore, faccio preparare i cavi per rinforzare gli ormeggi e mi metto in contatto con l’Autorità marittima, la quale mi informa che hanno predisposto l’invio di altri due rimorchiatori.
Quando arriva il rimorchiatore America e comincia a spingere, riusciamo a recuperare sul vento, riportando la nave all’ormeggio. A questo punto Angelo, con cui ero sempre in contatto radio, mi chiede di raggiungerlo immediatamente perché la situazione stava diventando ingestibile. Il vento superava tranquillamente i 50 nodi con raffiche a 60. Raggiungo il collega sulla Cosco Africa e mi trovo di fronte a una situazione veramente delicata: la Costa Concordia si trovava ormai a meno di 50 metri e continuavamo a perdere acqua (cioè era sempre più vicina, ndr.) soccombendo, di fatto, alla forza del vento. Di poppa avevamo due rimorchiatori molto potenti che spingevano a tutta forza. Per non finire contro la Concordia decidiamo di mettere la macchina avanti per cercare, in estrema necessità, di affiancare la nave alla diga nel modo meno traumatico possibile. L’abilità di tutti, la sincronizzazione perfetta delle forze e una buona dose di fortuna, hanno permesso di far rimontare la poppa al vento quel tanto che ci ha permesso, una volta raggiunti dal quarto rimorchiatore predisposto dall’Autorità marittima, di usare con decisione la macchina indietro e di riportarci, metro dopo metro, vicini al posto d’ormeggio. A questo punto abbiamo provato a riaffiancare la nave, ma raffiche di vento di incredibile violenza ci hanno portato più volte pericolosamente vicino alle gru, per poi riallargarci dalla banchina. La situazione era sempre più critica: la nave si stava di nuovo allontanando dalla banchina, non avevamo più cavi a disposizione. Era arrivato il momento del “lo faccio, o non lo faccio?”. Il vento freddo di tramontana rendeva difficile anche soltanto lo stare in piedi sull’aletta del ponte di comando, il rischio di finire sulla Concordia o sulla diga era diventato quasi una certezza.
«Rimorchiatori fermate la spinta!» – immediatamente la nave sente il vento e riprende ad allargarsi decisamente dalla banchina – «» – la macchina risponde decisa, ma gli interminabili minuti necessari a prendere velocità fanno scarrocciare il bestione di 350 metri in maniera impressionante – nel giro di una manciata di secondi passiamo dal “molto adagio avanti” all’“avanti tutta”. Puntiamo la prua sul fanaletto rosso dell’imboccatura, ma la poppa continua a cadere. Gli ordini al timoniere vengono urlati, un po’ per superare il vento e un po’ per scuotere il comandante seriamente preoccupato. La velocità aumenta e il controllo della nave migliora. Arriviamo ad affrontare il punto più stretto con una velocità di 14 nodi! Impressionante anche per noi. Passiamo a una quindicina di metri dal cemento del fanaletto rosso, dove accostiamo con il timone tutto a “dritta” per mettere la prua al vento. La poppa è a venti metri dalla diga. Pochi minuti dopo siamo fuori.Io e Angelo ci scambiamo lo stesso sguardo carico di soddisfatta energia che ha sottolineato numerosi momenti simili a questo.
L’autore è capopilota del porto di Genova
themeditelegraph
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