Per capire cosa è successo al sesto modulo di Voltri - con il cemento della banchina sbriciolato e avallamenti e rigonfiamenti che rendono praticamente impossibile il passaggio dei mezzi su gomma a otto anni dalla fine lavori - l’Autorità portuale avvierà una indagine interna all’ente.
Lo annuncia il presidente del porto di Genova Luigi Merlo il giorno dopo l’articolo del Secolo XIX che dà conto dei guasti sugli ultimi 125 mila metri quadrati del porto di Voltri realizzati da un raggruppamento di imprese capitanate da Pamoter tra il 2001 e il 2005. La stessa ditta ha realizzato anche il quarto modulo che ha avuto problemi di sprofondamento. La procura ha anche aperto una inchiesta sulla vicenda del quarto modulo costata al titolare Orlando Pascucci una condanna in sede penale.
Sotto l’ultimo strato di asfalto, è stato appurato da un carotaggio eseguito da Vte, si trova loppa e scorie di fusione, ovvero materiali di scarto delle acciaierie. Una delle ipotesi è che proprio l’utilizzo di questi materiali, ricchi di calce che reagisce a contatto con l’acqua, abbiano causato i rigonfiamenti. Eppure l’utilizzo di quei materiali - risulta dalle carte - era stato autorizzato da tutti gli enti coinvolti. Fu una scelta sbagliata? Oppure i materiali erano quelli corretti ma il costruttore non ha fatto tutto a regola d’arte? O, ancora, ci sono stati problemi di manutenzione?
«Sono tutti problemi che dobbiamo appurare - spiega Merlo -. Dopo che avremo ricevuto i nuovi documenti della perizia di parte del Vte, eseguiremo dei rilievi per nostro conto e una indagine interna per capire cosa è successo: certo che non faremo sconti».L’obiettivo è individuare tutte le responsabilità nella catena operativa: quelle di chi doveva controllare, quelle di chi ha fatto i lavori, quelle di chi doveva occuparsi di fare la manutenzione.
I danni potrebbero valere milioni di euro anche se un conteggio esatto non è stato ancora fatto. Uno dei problemi chiave da risolvere è capire se ci sono infiltrazioni di acqua piovana o se il problema - e sarebbe più grave - è dovuto a infiltrazioni di acqua di mare. Per ora sembra prevalere la prima ipotesi. Emerge poi un’altra variabile, ovvero a quale profondità è stata utilizzata la loppa che dovrebbe essere impiegata nello strato più superficiale, appena sotto l’asfalto, sino a una profondità di massimo un metro. In questo caso, invece, il sospetto è che la loppa sia stata utilizzata anche negli strati più profondi.
Al di là di questi aspetti, i guai del sesto modulo rischiano di aprire un lungo contenzioso tra l’Autorità portuale e il concessionario dell’area, ovvero il Vte di Voltri. Quando emersero i primi problemi sul quarto modulo e il sesto, terminalista ed ente pubblico si erano accordati perché l’Autorità portuale si occupasse di rifare la prima parte della banchina mentre l’impresa si sarebbe occupata degli ultimi 125mila metri quadrati. Un accordo che ora, ovviamente, il Vte vorrebbe rivedere temendo che i lavori da eseguire sul sesto modulo siano ben più sostanziosi di quanto non immaginato in un primo momento.
E poi c’è un altro aspetto molto delicato: quando il Psa ebbe in concessione il sesto modulo, presentò un ambizioso piano industriale che prevedeva una movimentazione di circa mezzo milione di teu l’anno. Numeri molto difficili da raggiungere, indipendentemente dai guai del sesto modulo, a causa della difficile congiuntura internazionale che deprime i traffici. Il fatto che la banchina abbia dei problemi, cambia le carte in tavola e in un certo senso questo potrebbe essere non del tutto negativo per il terminalista in questo momento.
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