Il verdetto è stato emesso dalla I sezione penale, presieduta da Renato Cortese, che ha accolto il ricorso di Beti (difeso dall’avvocato Franco Coppi, lo stesso di Silvio Berlusconi ) contro la condanna a 21 anni inflitta dalla corte d’assise d’Appello di Torino il 20 giugno 2013. Beti, imprenditore albanese, la sera del 13 agosto 2011 era ubriaco, era già stato cacciato da un locale notturno e aveva accanto a sé una ragazza addormentata, quando decise di imboccare contromano la A26, a quanto pare per dimostrare che era capace di schivare i veicoli in marcia.
Per i quattro ragazzi francesi non ci fu nulla da fare , e nell’impatto rimase seriamente ferito anche un altro loro compagno di viaggio: secondo i giudici piemontesi, questo modo di guidare era doloso, perché andando contromano era inevitabile mettere a rischio l’incolumità altrui. Ma i supremi giudici sono stati di diverso avviso, e hanno seguito l’indicazione del sostituto procuratore generale Gabriele Mazzotta, che aveva chiesto l’annullamento con rinvio della condanna di Beti: ad avviso di Mazzotta, «la categoria della “colpa” non è residuale nel diritto e se applicata in un caso così estremo avrebbe consentito di infliggere la stessa condanna comminata all’imputato con tutte le aggravanti possibili, senza forzare la categoria del dolo». Ancora: «Il ricorso della difesa dell’imputato è da condividere, in quanto il guidatore voleva procedere contromano per dare prova a se stesso della sua destrezza e non aveva considerato che gli altri guidatori (fotogallery) , che procedevano correttamente nella loro marcia avrebbero potuto perdere il controllo dei loro veicoli».
Dello stesso tenore è stata l’arringa di Coppi: «Occorre fare molta attenzione quando si fanno le ricostruzioni dei passaggi mentali di un soggetto ubriaco, perché risulta difficile attribuire il dolo, e quindi la volontarietà, a chi si trova in simili condizioni»; secondo Coppi, insomma, si tratta di una «condotta imperita e negligente che sottrae l’imputato all’area del dolo e lo consegna all’area della “colpa”».
Con questa decisione, la Cassazione, in mancanza di un’espressa previsione normativa, dimostra di volere seguire il tradizionale orientamento che inquadra gli incidenti stradali nei delitti colposi, anche in un caso di consapevole “roulette russa” come questo. Adesso, come da prassi, il caso torna in appello per essere riesaminato.
Il Secolo XIX
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