Il regolamento di Dublino prevede che la domanda d'asilo venga esaminata nello Stato (Ue) dove il richiedente ha fatto ingresso. Il regolamento impedisce di presentare una domanda di asilo in più di uno stato membro. A questo scopo lo Stato in questione deve prendere come prima cosa le impronte digitali: è stato adottato un sistema “eurodac”, un archivio comune delle impronte digitali dei richiedenti asilo, per controllare se sono state presentate diverse domande.
I richiedenti asilo hanno diritto a rimanere nel paese di arrivo anche se non hanno regolari documenti d'ingresso e a essere assistiti. I cittadini stranieri sperano di riuscire a muoversi da un Paese all'altro grazie all'assenza di controlli alle frontiere interne. Ma proprio per limitare questi fenomeni i Paesi dell'area Schengen hanno concluso molti accordi bilaterali di cooperazione transfrontaliera. Uno di questi accordi è l'accordo di Chambéry, fra Italia e Francia, firmato nel 1997, completato con un Annesso nel 2000, poi modificato nel 2002 ed ancora nel 2006. Il Trattato di Chambéry mira a garantire che le regole Schengen non compromettano l'applicazione di altre norme nazionali concernenti i cittadini di Stati terzi ed esemplifica chiaramente come la libera circolazione nell'area Schengen è una libertà molto relativa per chi non ha un passaporto europeo.
In base a questo accordo, nel 2002 sono stati istituiti due Centri di Cooperazione
di polizia italo-francesi uno a Ventimiglia, l'altro a Modane. L'obiettivo dei due Centri è quello di agevolare la riammissione dei cittadini stranieri tra Italia e Francia.
Il rilascio di permessi temporanei ai migranti non consente la libera circolazione Schengen. Per circolare nei paesi europei il permesso temporaneo rilasciato dall'autorità italiana non è sufficiente, occorrono anche un documento di identità valido per viaggiare, la dimostrazione di una disponibilità finanziaria adeguata al numero di giorni che si prevede di trascorrere, l'indicazione dello scopo del viaggio, l'assenza di rischi per la sicurezza interna esclusa da eventuali precedenti segnalazioni di pericolosità. La libera circolazione nell'area Schengen è espressamente esclusa per i cittadini di Stati terzi che non hanno i requisiti per entrare legalmente nell'area Schengen ed a cui è stato rilasciato un permesso umanitario da uno Stato membro.
L'accordo firmato a Schengen il 14 giugno 1985 fra il Belgio, la Francia, la Germania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi intende eliminare progressivamente i controlli alle frontiere comuni e introdurre un regime di libera circolazione per i cittadini degli Stati firmatari, degli altri Stati membri della Comunità o di paesi terzi.
La convenzione di Schengen completa l'accordo e definisce le condizioni di applicazione e le garanzie inerenti all'attuazione della libera circolazione. Firmata il 19 giugno 1990 dagli stessi cinque Stati membri, è entrata in vigore solo nel 1995.
L'accordo e la convenzione di Schengen, nonché gli accordi e le regole connessi formano “l'acquis di Schengen”. Dal 1999, l'acquis di Schengen è integrato nel quadro istituzionale e giuridico dell'Unione europea in virtù di un protocollo allegato ai trattati.Gli accordi di Schengen sono stati estesi nel tempo: l'Italia ha firmato gli accordi nel 1990.
La Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale accerta la richiesta dello straniero. La Commissione è investita dalla Questura, su richiesta presentata dall'interessato ad un ufficio di polizia di frontiera o alla Questura stessa, che l'ha ricevuta e verbalizzata oppure con la sentenza pronunciata dal giudice ordinario che accoglie il ricorso presentato dall'interessato contro la decisione della Commissione che abbia rigettato l'istanza di riconoscimento dello status di una diversa forma di protezione.
Gli elementi per una decisione favorevole sono il timore fondato di essere perseguitato per motivi di carattere etnico, religioso, a causa dell'appartenenza ad un determinato gruppo sociale, a causa della nazionalità oppure per le opinioni politiche; la persecuzione per motivi di razza, di religione, di cittadinanza, di appartenenza ad un determinato gruppo sociale e di opinioni politiche; l'impossibilità e/o la non volontà di avvalersi della protezione dello Stato di cittadinanza e/o di residenza; la presenza fuori dal Paese di cittadinanza o di residenza abituale.
Dal 1996 l'Italia ha iniziato a stipulare una serie di accordi bilaterali finalizzati alla riammissione nei territori di provenienza o di transito di immigrati illegali ed alla cooperazione tra forze di polizia, a cui vanno aggiunti gli accordi relativi al controllo dell'immigrazione e delle frontiere. L'obbligo di riammissione riguarda le persone che non soddisfano le condizioni di ingresso e soggiorno negli Stati contraenti secondo procedure diversificate a seconda degli accordi. Gli accordi di riammissione costituiscono anche la premessa per una gestione di favore con lo Stato interessato, sia nella riserva di quote privilegiate in ambito di “decreto flussi”, che nella negoziazione di Accordi in materia di lavoro, destinati alla costituzione di una banca dati per l'abbinamento di domanda e offerta di manodopera e all'istituzione di corsi di formazione professionale e linguistica anche in loco.
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mercoledì 17 giugno 2015
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